Quando l’etichetta di una bottiglia di olio d’oliva è ingannevole, il consumatore si potrebbe trovare ad aver pagato qualcosa che non corrisponde a ciò che ha acquistato, e lo stesso problema lo vivono i ristoratori o i retailer. Considerato poi che i produttori olivicoli statunitensi che si affacciano sul mercato devono competere con la fortissima concorrenza internazionale (si stima infatti che circa il 98% di tutto l’olio di oliva consumato negli Stati Uniti sia importato), i ricercatori del Dipartimento statunitense per l’agricoltura (USDA) hanno messo a punto un test basato sulla PCR (polymerase chain reaction) che potrebbe offrire un aiuto al problema, mettendo a confronto il DNA dell’olivo con quello di altre piante, quali il girasole e la colza. Da queste, infatti, si ricavano oli che a volte vengono miscelati a quello l’oliva, senza dichiararlo in etichetta.
L’analisi, messa a punto da Talwinder Kahlon dell’ARS, si concentra sulle regioni chiave di due geni, matK e psbA-trnH, che si trovano ampiamente in natura, tra cui in olivo, colza, e girasole. Confrontando le sequenze del DNA di regioni specifiche di questi due geni è possibile avere una base di confronto attendibile che può essere utilizzata per rilevare la presenza di oli non di oliva a concentrazioni del 5% o superiori. Anche se la tecnologia PCR per rilevare DNA vegetale specifico nell’olio d’oliva non è nuova, l’approccio del team americano offre diversi miglioramenti. Per esempio, i “codici a barre del DNA” di oliva, colza e girasole messi a punto, da utilizzare come base per il confronto di queste piante, non si basano su una singola pianta di ulivo o di girasole o di colza, ma sono ampiamente rappresentativi della specie e sono noti come “DNA consenso”.
L’olio di oliva è costituito da trigliceridi, che sono molecole composte da acidi grassi. Questi ultimi sono il fulcro del metodo messo a punto da un altro ricercatore dell’ARS, Jiann-Tsyh (Ken) Lin sviluppato. Il test si basa sulla spettrometria di ionizzazione di massa con elettrospray (ESI-MS) e consente di raccogliere dettagli sulle variazioni di specifici trigliceridi di interesse, detti regioisomeri. Da qui è possibile sviluppare proporzioni di regioisomeri che possono essere utilizzate per determinare se il campione contiene oli non dichiarati.
Il valore di ESI-MS per l’analisi degli acidi grassi vegetali viene riconosciuto dal 1994, ma il nuovo protocollo contribuisce a rendere questa applicazione più semplice. Lin ha sviluppato il protocollo per la sua ricerca con il ricino, una pianta che produce un olio industriale di alta qualità non commestibile. Circa sei anni fa, Lin ha scelto l’olio d’oliva come modello per testare il suo metodo.