Lo studio di ricercatori della Martin Luther University Halle-Wittenberg (Germania), pubblicato sul Journal of Applied Phycology (2020), offre una prima indicazione degli effetti ambientali della produzione di microalghe in Germania.
Le microalghe sono state oggetto di ricerca per diversi decenni – inizialmente come materia prima per combustibili alternativi, ma più recentemente come fonte di nutrienti per la dieta umana. Sono prodotte principalmente in stagni aperti in Asia; tuttavia, questi stagni sono a rischio di potenziale contaminazione. Inoltre, alcune specie di alghe sono più facili da coltivare in sistemi chiusi, i cosiddetti foto-bioreattori.
Per il loro studio, i ricercatori hanno sviluppato un modello per determinare gli impatti ambientali specifici del luogo e sono stati in grado di dimostrare che la coltivazione di microalghe Nannochloropsis sp. e Phaeodactylum tricornutum ha un impatto sull’ambiente simile a quello della produzione di pesce. Tuttavia, se si confrontano gli effetti ambientali in relazione alla quantità di acidi grassi omega-3 prodotti, il pesce da acquacoltura è molto peggiore. Un vantaggio della coltivazione delle alghe nei foto-bioreattori è il suo basso consumo di terra; al contrario, sia gli stagni aperti che la coltivazione di mangimi per l’acquacoltura richiedono aree di terreno molto ampie.
Le microalghe non dovrebbero e non possono sostituire completamente il pesce, ma se potessero essere introdotte come alimento comune, sarebbero un’eccellente fonte ecologica di acidi grassi omega-3 a lunga catena. Diverse alghe sono già utilizzate come integratori alimentari in polvere o in compresse e come additivi per alimenti come pasta o cereali. Sarebbero un modo per ridurre l’attuale divario nell’offerta globale di acidi grassi omega-3 e, allo stesso tempo, fornirebbero un notevole sollievo agli oceani.