Un gruppo di ricercatori del Boyce Thompson Institute (BTI) e del Donald Danforth Plant Science Center di St. Louis (MO – Usa) capitanati da Joyce Van Eck sta lavorando per trasferire la tecnica che ha consentito di aumentare iL contenuto di beta-carotene nelle patate alla manioca, un tubero molto diffuso in Africa e Asia meridionale e che potrebbe consentire di far fronte all’endemica carenza di vitamina A che causa cecità e morte prematura in centinaia dei migliaia di bambini che ogni anno soffrono di malnutrizione.
Il metodo brevettato per migliorare il precursore della vitamina A ha utilizzato come modello la patata perché un tubero molto diffuso, facile da coltivare e a crescita rapida anche in suoli poco fertili. In natura le patate possono sintetizzare il beta-carotene, ma un enzima chiamato beta-carotene idrossilasi lo trasforma in un altro carotenoide – la zeaxantina – che il nostro organismo non può utilizzare per convertirla in vitamina A.
La nuova tecnica prevede quindi l’inserimento nel genoma delle patate di un segmento di DNA appositamente progettato per disattivare il gene che codifica per la beta-carotene idrossilasi. Questo comporta un accumulo di beta-carotene, in quantità sufficiente a soddisfare fino al 18% del necessario apporto giornaliero di vitamina A per un bambino, ma i ricercatori stanno ora lavorando ad altri metodi in grado di migliorare ulteriormente il profilo nutrizionale dei tuberi, ad esempio aumentando il tenore in zinco e in ferro. Le scoperte condotte sulla patata potranno quindi essere trasferite alla manioca, ma alla parte scientifica sarà necessario affiancare un progetto educativo che convinca le popolazioni che la consumano che il tubero bioarricchito – che presumibilmente sarà di colore aranciato – è migliore di quello bianco, oggi preferito.