La manipolazione genetica può provocare cambiamenti involontari nella qualità e la composizione del cibo? Ad esempio, gli alimenti geneticamente modificati (OGM) sono meno nutrienti rispetto alle loro controparti non GM o in qualche modo diversi?
Nonostante la coltivazione estensiva e l’attenta ricerca sugli alimenti geneticamente modificati, queste domande persistono nelle menti di molti consumatori. Ora, un nuovo studio pubblicato sul numero di marzo 2014 di “The plant genome” svela un approccio potenzialmente più efficace per trovare una risposta a questi quesiti.
Nella ricerca condotta da Owen Hoekenga della Cornell University, gli scienziati hanno usato un solvente a base di acqua e alcool per estrarre circa 1.000 sostanze biochimiche, o “metaboliti”, dal frutto di pomodori che erano stati geneticamente manipolati per ritardarne la maturazione. Quindi, questo profilo metabolico è stato confrontato con quello della varietà parentale non manipolata.
È noto che molti metaboliti, compresi pigmenti, aminoacidi, zuccheri e vari composti con proprietà salutistiche, contribuiscono alla qualità e al profilo nutrizionale dei frutti, e l’estrazione e l’analisi di centinaia di essi ha fornito subito ai ricercatori un’istantanea della fisiologia del frutto, nota come “metaboloma”, che può essere confrontata con altri. In questo modo, l’analisi “metabolomica” è molto simile alla genomica, dove i genetisti confrontano i dati delle sequenze del DNA per capire come due organismi siano geneticamente diversi.
Quando Hoekenga e coll. hanno eseguito la loro analisi, hanno infatti scoperto delle differenze metaboliche nel frutto GM rispetto al suo progenitore, anche se questi cambiamenti sono stati per lo più rilevati in composti biochimici legati alla maturazione dei frutti, il che si inserisce in parte fra gli effetti previsti e ricercati.
Ma quando gli scienziati hanno confrontato il metaboloma del pomodoro GM con quelli di un vasto assortimento di pomodori da orto, costoluti, e altre varietà non-GM, non hanno trovato differenze significative nel complesso. In altre parole, anche se il pomodoro GM è diverso dal suo progenitore, il suo profilo metabolico rientra ancora nel range “normale” di diversità biochimica esibita dal gruppo più grande di varietà.
La scoperta suggerisce in questo caso che la manipolazione genetica produce poche o nulle modifiche biochimiche accidentali, oltre a rassicurare i consumatori circa gli effetti non intenzionali in generale.
Hoekenga spiega che la FDA richiede già a chi sviluppa colture GM di confrontare una serie di composti nutrizionali fondamentali fra le varietà manipolate e quelle originarie. Nell’ambito della valutazione del rischio biotecnologico, il processo è finalizzato a rilevare i casi in cui la manipolazione genetica potrebbe condizionare la qualità nutrizionale, per esempio.
L’approccio del team di Hoekenga, al contrario, non decide in anticipo quali metaboliti sia importante misurare, suggerendo che potrebbe essere più probabile grazie ad esso rilevare un effetto davvero inaspettato.
Inoltre, il confronto fra una varietà GM e diverse cultivar può aiutare sia gli scienziati che i consumatori a contestualizzare gli eventuali cambiamenti biochimici osservati. Secondo Hoekenga accettiamo infatti che sul mercato non esista un unico tipo di pomodoro e ricerchiamo esperienze alimentari diverse e per questo i ricercatori ritengono che il determinare una gamma di variabilità metabolica accettabile negli alimenti possa essere utile per valutare le varietà geneticamente modificate. Allo stesso tempo, questo profilo di metabolomi “non bersaglio” è costoso, ed i metodi chimici che impiega non sono ancora sufficientemente solidi per poter essere utilizzati nelle valutazioni ufficiali di sicurezza.
Soprattutto, non è facile fare confronti statistici sulle “impronte digitali” metaboliche. In questa ricerca, il gruppo di Hoekenga ha adattato un tipo di statistica, chiamata analisi di rete, che è stato sviluppato per confrontare modelli generali di espressione genica, o di trascrizione, nei topi. Il motivo di questa scelta è che, proprio come nella trascrizione genica, ci si aspetta che i metaboliti che partecipano allo stesso processo biochimico o che ricadono sotto lo stesso controllo regolatorio tendano a stare insieme. E come i ricercatori hanno ipotizzato, l’analisi di rete ha permesso loro di rilevare i cluster metabolici nel pomodoro e confrontare quei modelli in diverse varietà.
Ma la tecnica non si applica solo al pomodoro. Questo metodo, infatti, è applicabile a qualunque pianta o coltura e i ricercatori sostengono di aver creato qualcosa che può tornare utile a chiunque lo voglia usare e migliorare. Il gruppo di Hoekenga ha già caratterizzato il metaboloma del mais e si augura che i selezionatori di piante comincino a capire l’utilità della metabolomica.
Quando si incrociano le piante parentali, per esempio, i selezionatori cercano spesso di seguire i geni che determinano le caratteristiche di interesse, come la resistenza ad un agente patogeno. Questo perché l’individuazione della progenie portatrice dei geni desiderati è spesso più veloce e più facile dell’esame del tratto stesso nella pianta. Tuttavia, sono così numerosi i geni che contribuiscono ad un singolo tratto che arrivare a scoprire quali siano i geni principalmente coinvolti diventa oneroso.