Uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine da Orlich et al., condotto su un gruppo di 73.308 uomini e donne americani avventisti del settimo giorno per valutarne le cause di mortalità generali e specifiche, ha aggiunto ulteriori prove all’ipotesi che una dieta vegetariana sia associata a un minor rischio di morte.
Precedenti studi hanno riportato risultati contrastanti, con alcuni che suggerivano che frutta a guscio, frutta, fibre di cereali, acidi grassi polinsaturi, acidi grassi omega 3, insalata verde, modelli alimentari mediterranei, modelli alimentari “sani” o “prudenti”, dieta a base di vegetali e a basso contenuto di carboidrati, e le diete vegetariane sarebbero tutte associate ad una ridotta mortalità.
Al contrario, diete ad alto contenuto glicemico, a base di carne, carni rosse, carni lavorate, uova, patate, energeticamente ricche, a basso contenuto di carboidrati e a base di prodotti di origine animale sono tutte associati ad un aumento della mortalità.
Tuttavia Orlich et al. riportano che lo studio prospettico europeo di coorte su cancro e nutrizione realizzato ad Oxford ha riscontrato che i vegetariani britannici avrebbero le stesse probabilità di morire in qualsiasi momento, proprio come i mangiatori di carne. Utilizzando un questionario i ricercatori hanno valutato i modelli alimentari dei partecipanti e li hanno divisi in cinque gruppi: non vegetariani, semi-vegetariani, pesce-vegetariani (che consumano prodotti ittici), latto-ovo-vegetariani (consumano anche latticini e uova) e vegani (escludono tutti i prodotti di origine animale). I partecipanti per l’8% erano vegani, contro il 29% dei latto-ovo-vegetariani, il 10% dei pesce-vegetariani, il 5% dei semi-vegetariani e il 48% dei non vegetariani. I vegetariani sono risultati essere più anziani, più istruiti, più probabilmente sposati, bevono meno alcol, fumano di meno e fanno più esercizio fisico.
I ricercatori hanno quindi utilizzato un database nazionale per capire le cause di morte dei partecipanti durante i 6 anni di follow up, che sono state 2.570. Il tasso di mortalità complessivo è stato di sei morti ogni 1.000 anni-persona. Il rapporto di rischio adattato (HR) per tutte le cause di morte fra i vegetariani rispetto ai non vegetariani è risultato pari a 0,88 o inferiore del 12%, in base ai risultati dello studio. L’associazione sembra funzionare anche meglio per gli uomini, con una riduzione significativa della mortalità per malattie cardiovascolari e cardiopatie ischemiche nei vegetariani rispetto ai non-vegetariani.
I risultati indicano invece che nelle donne non sono state osservate riduzioni significative per queste cause di morte. Lo studio avverte, tuttavia, che non si può dire che le diete a base vegetale dei partecipanti ne hanno prevenuto la morte, perché ci potrebbero essere altre differenze non misurate tra i gruppi.